8.11.2008

Italian Translation of: The Many Challenges of the Social Media Industry

This is the Italian translation of "The Many Challenges of the Social Media Industry" by Jeremiah Owyang

Le tante sfide del Settore dei Social Media
07 Agosto, 2008

Come ogni settore, quello dei Social Media sta affrontando una serie di problemi che, per adesso, non sono ancora stati risolti, se non in minima parte. E’ importante riconoscere sfide ed punti deboli, in modo da poterli superare. Dai dati in nostro possesso non c’e nessun motivo per credere che i Social Media scompariranno, tutt’altro. Questo andamento e’ reso piu’ che evidente dal tasso di adozione della generazione Y.
Ma vediamo piu’ da vicino gli aspetti principali.

Attuale Scarsa Profittabilita’
Il mondo dei social media, mondo in cui ognuno puo’ entrare e contribuire, ha portato rendite nulle o scarse alla maggior parte dei partecipanti. Ad esempio, ci sono milioni di bloggers e solo pochi di essi possono effettivamente vantare rendite cospicue: soltanto una parte ancora piu’ piccola ha costruito dei veri e propri imperi mediatici. Lasciando per un attimo da parte gli utilizzatori stessi, molte aziende si concentrano sulla generazione di hits, visite, o numero dei registrati, preoccupandosi poi di trovare il modo migliore di monetizzare questi numeri. Date uno sguardo ai Social Networks, alcuni sono stati valutati cifre da capogiro, e cio’ nonostante non abbiamo ancora sentito storie in cui siano stati fatti soldi a palate. I profitti sono rari, e la maggior parte dei creators (coloro che creano attivamente contributi) non generera’ alcun profitto.

L’innovazione e’ spinta dai finanziamenti – non dalle rendite.
Al tempo stesso problema e opportunita’, gli investitori (VCs) continuano a immettere soldi in questo mondo – spesso finanziando dubbi modelli di business, o tecnologie appena nate. In settori piu’ maturi, e’ piuttosto improbabile che si assista a finanziamenti di questo genere, spesso perche’ l’innovazione viene spinta proprio dal buon andamento delle rendite. Con cosi’ tante aziende che vengono finanziate senza produrre effettivi profitti, il mercato si ritrova esposto a una serie di varianti dello stesso problema.

Scarse barriere in entrata generano una competizione spietata
Quando il software diventa una commodity c’e’ sempre da preoccuparsi, e quando cio’ avviene nel giro di poco vengono ad esserci cosi’ tanti fornitori che il mercato ne resta confuso – incapace di determinare il partner adatto. I molti concorrenti rischiano inoltre di finire col mangiarsi i margini a vicenda. Prendete ad esempio l’affollato settore delle piattaforme per community (aka white label social networking), e’ un setttore che conta oltre 100 fornitori – tutti che propongono software molto simile

L’eccesso di rumore occulta il segnale
Essendo tutti in grado di creare dei contenuti e condividere i dettagli della propria vita personale con attenta minuzia, l’eccesso di contenuti diventa un problema da considerare. Ogni 60 secondi, vengono caricate 13 ore di filmati in YouTube (riferisce un dipendente), e ogni giorno vengono generati milioni di tweets. Con cosi’ tanti contenuti, come e’ possibile filtrare cio’ che e’ veramente importante?

L’amatorialita’ minaccia la professionalita’
Strizzando l’occhio alla critica che Andrew Keen muove al fatto che ci siano molti amatori che creano contenuti poco professionali (quando non addirittura sbagliati) e li diffondono poi massivamente, va detto che questo crea notevoli preoccupazioni a chi questi contenuti, poi, li fruisce. Il problema, certo, non sta tanto nella qualita’ dei contenuti, ma nella capacita’ di distinguere velocemente cio’ che e’ importante e cio’ che non lo e’.

Le aziende entrano senza tenere in considerazione le community
Ovunque la gente vada le aziende la seguono; ma mentre alcune lo fanno in modo intelligente e saggio, molte altre adottano approcci differenti. Ad esempio, il “pay for post”, un certo tipo di ottimizzazione per i social media, la presenza di contenuti spazzatura su blog e social networks, ed altre dubbie operazioni di marketing, sono e continueranno ad essere una sfida ogni volta che si viene a creare una community (aggiornato grazie a Jennifer)

Dirottamento dell’immagine corporate e personale
Sta diventando sempre piu’ comune. L’immagine di marche e individui puo’ facilmente essere oggetto di dirottamento. Cio’ avviene quando altri si appropriano dei loro username e domini, e si spacciano per chi non sono. Dato che ci sono centinaia, se non migliaia di siti web da controllare, liberarsene diventera’ sempre piu’ difficile con l’andar del tempo.

La mancanza di standard genera esperienze discordanti
Seppure la cosa vada meglio rispetto ad altri settori, l’open web si muove ancora lentamente verso standard comuni di login, social graph, e tipi di contenuto. Persino protocolli come l’OpenSocial di Google che erano stati progettati per riunire attivita’ e applicazioni provenienti dai vari social network, in maniera trasversale, stanno stentando. Ogni contenitore (social network) richiede delle modifiche per adattarsi alle varie piattaforme, mentre altri (come Facebook) non partecipano affatto.

Il cambiamento culturale causa delle resistenze.
Senza dubbio questo movimento di auto-pubblicazione e messa in contatto, rappresenta una rottura che riguarda tanto il mercato quanto i media, interviene sul ciclo di acquisto, e sul marketing funnel. Barriere di vecchia data si stanno sgretolando nel passaggio da metodi di “controllo e comando” ad un piu’ aperto e collaborativo stile di business e di comunicazione personale. Con questi cambiamenti radicali in atto, arriva la resistenza da parte di coloro che precedentemente detenevano il potere (media, management, aziende e governi) che sono lenti ad adottare queste nuove logiche – e quindi si oppongono.

Individuare la vera expertise e’ difficile
In settori piu’ maturi, gli andamenti sono definiti da anni, a volte addirittura decenni di dati relativi ai risultati. In questo nuovo settore, e’ spesso difficile capire quali sono i veri esperti – e quelli che hanno veramente condotto interventi sostanziali nell’ambito dei social media. La maggior parte dei dati a disposizione va indietro solo di qualche anno, e sono pochi quelli che possono dimostrare un effettivo ritorno dell’investimento.

La difficolta’ nel misurare il ROI
Nonostante i molti tentativi di misurare “l’engagement” o “ROI” non c’e ancora uno standard del settore in grado di reder conto dei risultai ottenuti nei social media, sia per quanto attiene l’immagine personale sia quella corporate. Mentre molti hanno sviluppato una loro abilita’ nel misurare le proprie attivita’ in modo ad-hoc, non e’ ancora stato realizzato un modello rapido ed efficace che tutto il settore possa usare per le proprie misurazioni.

Mi rendo conto che questo post possa far infuriare alcuni puristi dei social media, ma la mia intenzione e’ quella di fornire una visione obiettiva di cio’ che e’ sotto i miei occhi, in modo da individuare i punti pericolosi, cosi’ che collettivamente possiamo superarli. Spero leggiate i miei altri post in cui parlo delle sfide di social networks, widgets, blog ed altro ancora. Se decidete di entrare in questo mondo e’ bene che prima ne conosciate gli ostacoli.

Se vi vengono a mente altre sfide del nostro settore – siete liberi di lasciare un commento (qui). Sono curioso di ascoltare le vostre reazioni.

1 comment:

Anonymous said...

Complimenti per la traduzione. Ottimo lavoro.

Alessandro NanĂ­
Tallinn - Estonia